domenica 13 dicembre 2009

Aceto come produrlo in casa

Per realizzare una produzione casalinga dell’aceto è necessario costituire, partendo dal nulla, la coltura batterica ovvero fare in modo che i tanto citati acetobatteri prendano dimora nel nostro mosto fermentato e subito dopo si mettano al lavoro per avviare la tanto attesa trasformazione acetica.

Ora bisogna considerare che questi organismi hanno la piacevole tendenza a comportarsi in modo assolutamente contrario alla nostra volontà ovvero .....

" se li cerchi non arrivano mai se li vuoi evitare sicuramente arrivano !!!."

Quindi svariati e sconfortanti sono stati i numerosi tentativi miseramente falliti per avviare una corretta acetificazione, ma alla fine la costanza e forse anche un pizzico di fortuna hanno portato finalmente a un risultato di successo.

Un bel giorno finalmente si è formata una pellicola di cellule molto compatte che è andata a velare la superficie del mio mosto fermentato ……..

Erano finalmente arrivati i tanto attesi acetobatteri !!!

Col passare del tempo l’odore acetico si è fatto sempre più pungente e il velo sempre più spesso e compatto, la trasformazione acetica era quindi decisamente partita.




Come si può intravedere dalle foto, questo velo si presenta con la consistenza di una sostanza gelatinosa e vischiosa in continua crescita grazie ai batteri che prosperano e si moltiplicano sempre alla costante ricerca di ossigeno che li obbliga a affiorare in superficie. Con il loro metabolismo oltre a produrre acido acetico, contribuiscono a rendere sempre più “spesso“ questo velo superficiale formando una specie di “ piattaforma di sostegno “ a base di cellulosa che gli consente di restare sempre affiorati in superficie, ed è in questo modo che nasce e prolifera la “Madre dell’aceto”.






Finalmente dopo tanta attesa si ottiene quel prezioso veicolo promotore della trasformazione acetica tanto cercata. Ma come si arriva a questo risultato?, quale procedura occorre seguire per avviare questo processo?, quali parametri lo influenzano?.
Nei prossimi post cercherò di raccontarvi le mie personali esperienze frutto ormai di più di un anno di prove. Non sono certezze o verità assolute, né tanto meno vogliono essere regole da manuale in quanto non ho certamente ne il titolo ne le competenze di esperto produttore di aceto. La mia volontà è unicamente quella di condividere con tutti voi questi risultati documentandoli con tutti i dettagli che sono stato capace di annotare di volta in volta. Se questo lavoro consentirà anche ad altri di ottenere buoni risultati ne sarò lieto e felice di condividere le sue esperienze in questo blog. Prossimamente vi parlerò della mia prima esperienza riguardante l’aceto di vino. A seguire l’aceto di mele e per ultimo ( ma solo per il momento..… ) quello di miele.

mercoledì 2 dicembre 2009

Idea per motorizzare il mulino Marga.

Grazie all’ intuito e alle capacità di un abile carpentiere sono riuscito a motorizzare il mio mulino Marga sfruttando un motorino da tergicristallo identico a quello utilizzato per l’agitatore della pentola di mash. Non essendo un esperto del fai da te e pessimo disegnatore posso solo descrivervi al meglio i vari componenti realizzati dal mio amico.

L’esecuzione prevede la realizzazione di :

Una piastra per fissare il motorino (ex tergicristallo di un furgone tipo Ducato)

Una boccola da avvitarsi al perno filettato del motorino con riportata la chiavetta di accoppiamento al meccanismo di rotazione dei rulli simile a quella della manovella in dotazione al Marga.

Si ottiene cosi questo accoppiamento



Una staffa a “ C “ per ancoraggio della prima piastra porta motorino al mulino.


Nella foto successiva si vede come gli elementi sono montati sul mulino. Le brugole permettono di avvitare la piastra alla staffa e quest' ultima si va ad ancorare al bordo del mulino. Una leggera stretta alle brugole e tutto e fissato saldamente


E in questa l’insieme con la tramoggia “mia speciale esecuzione “ fatta con un imbuto a cui ho tagliato la parte terminale e che successivamente ho incollato alla tramoggia originale in dotazione al Marga.


L’azionamento del motorino avviene grazie a questo quadretto ( sempre opera di un altro amico elettricista ) che vi riporto con questa immagine. Per mia ulteriore profonda ignoranza sulla materia elettrica non commento nel dettaglio ma spero sia chiara per gli specialisti.


Con questo filmato documento il collaudo durante il quale ho macinato 800 gr. di malto Pilsner in 3 minuti e 40 secondi. ( mi scuso ma per sbaglio ho tagliato proprio l’inquadratura finale sul cronometro ).



Non và velocissimo ma forse, data la costituzione del Marga, e meglio così. Alla fine è comunque sempre più rapido che farlo a mano.

Questo è il macinato finale.




Aceto chimica e biologia

Continuo oggi a parlare di aceto con un breve accenno alla chimica e alla biologia dei processi di acetificazione.

L'acetificazione, come tutti i fenomeni che hanno origine da cause biologiche, fu sfruttata senza conoscerne la sua vera natura fino a che, nel secolo scorso, gli studi sulla fermentazione portarono nuova luce su questi fenomeni.

E’ importante evidenziare che l’evoluzione spontanea del mosto porta naturalmente all’aceto e non al vino il quale deve considerarsi una fase intermedia della degradazione degli zuccheri del mosto. Infatti si parla di aceto di vino, ma anche di aceto di miele (che si ottiene dalla fermentazione di acqua e miele ovvero dell’Idromele) oppure aceto di mele ( che si ottiene dalla fermentazione del succo di mela ovvero del Sidro ) e come anche l’aceto di birra che si ottiene dal relativo mosto fermentato. La trasformazione di un mosto fermentato in aceto è un complesso fenomeno biochimico condotto da microrganismi aerobi.

Le specie batteriche che possono operare questa trasformazione sono numerose e vengono raggruppate nella famiglia delle Acetobacteriacee di cui le principali sono :

Acetobacter aceti subsp. orleanensis (velo secco)

Acetobacter aceti subsp. xylinum (madre dell’aceto)

Acetobacter pasteurianus subsp. lovaniensis

Acetobacter pasteurianus subsp. ascendens

Acetobacter pasteurianus subsp. paradoxus

Glucanobacter (Acetomonas)

Glucanobacter oxydans

Gli acetobatteri sono schizomiceti, gram-negativi, con forma prevalentemente tondeggiante e dimensioni da 0,5 a 0,3 μm. Sono organismi aerobi obbligati e il loro metabolismo è di tipo respiratorio. Da un punto di vista chimico gli Acetobacter (definiti superossidanti) realizzano l'ossidazione dell'etanolo in due fasi:

Nella prima convertono il substrato in acido acetico.

Nella seconda, esaurito l'alcool presente nel mosto fermentato, realizzano l'ulteriore ossidazione a CO2 ed H2O dell'acido acetico in precedenza accumulato.

Gli acetobatteri presentano un'attività metabolica ottimale a temperatura di circa 30°C. A temperature inferiori a 5°C o superiori a 40°C l'ossidazione acetica viene praticamente bloccata.

E’ necessaria un buona ossigenazione senza di essa infatti l’attività degli acetobatteri è ostacolata e addirittura si ferma bloccando il processo alla prima fase dell’ossidazione.

Il valore di pH ottimale si colloca in ambiente acido o leggermente acido.

Infine gli acetobatteri sono organismi con modeste esigenze nutritive, assimilano l'azoto ammoniacale e in genere nella trasformazione del mosto fermentato non è necessario aggiungere fattori di crescita, poiché essi trovano nella materia prima tutte le sostanze nutritive utili al loro sviluppo.

Vorrei concludere evidenziando un aspetto fondamentale per la produzione dell’aceto che è quello della materia prima. E’ assolutamente errato pensare che l’aceto si ottiene da un “ vino, un sidro, un idromele andati a male “.

Per fare un buon aceto è fondamentale utilizzare prodotti di qualità, quindi una produzione casalinga realizzata con competenza, attenzione, passione e.. tanta, tanta pazienza…. può portare a una produzione di aceto davvero ottimo con enormi soddisfazioni personali.



giovedì 19 novembre 2009

Aceto un po’ di storia

Come promesso ho cercato di raccogliere un pò di storia sull'aceto mettendo insieme appunti che ho trovato navigando e leggendo. Buona lettura a tutti.

Aceto deriva dalla parola latina “acetum” che a sua volta ha la stessa radice etimologica del verbo “acere”, inacidire.

Anche il termine francese “vinagre“ deriva dal latino “vinum acre” ( vino acido) e da questo derivano poi l'inglese “vinegar” e lo spagnolo “vinagre”.

Ovviamente la storia dell'aceto è strettamente legata a quella del vino e si può ritenere che la sua evoluzione abbia seguito nel tempo percorsi paralleli anche se sempre nascosto nell’ombra senza lasciare tracce significative di sé, al contrario di quello che poi è accaduto invece per il vino e l’olio. Già in tempi antichi i nostri avi dovettero constatare che lasciando il vino a contatto con l'aria si otteneva la sua trasformazione in un liquido dal sapore, dall’odore e dagli effetti ben diversi. Inconsapevolmente questa fermentazione spontanea aveva determinato la prima fabbricazione dell'aceto.

Citato ripetutamente dalla Bibbia (homez), se ne sono trovate tracce in un vaso dell'Egitto prefaraonico, vecchio di circa diecimila anni, a testimonianza del fatto che gli Egizi, così come i Babilonesi e i Persiani, lo conobbero e lo impiegarono per la conservazione dei cibi. Del resto, solo grazie all'aceto i generi alimentari potevano allora essere trasportati su lunghi percorsi.

Notizie più precise risalgono ai Greci, dove ne parlano diffusamente personaggi come Ippocrate, il padre della medicina, che lo consigliava per gli effetti terapeutici e per le sue molteplici proprietà medicinali, ad esempio come anti infiammatorio nelle piaghe e nelle ferite, oppure per curare i problemi dell’apparato respiratorio. Sempre nella Grecia antica con il nome “oxycrat” si indicava la bevanda più comune, la bevanda del popolo che era un miscuglio di acqua, aceto e miele e che ra conservato in appositi vasi denominati oxydes.

Una lunga tradizione sull’uso dell’aceto si ritrova nella Roma antica.

I soldati romani lo portavano con sé in sostituzione del vino, e nelle campagne militari ogni legionario romano veniva fornito di una dotazione personale di aceto, per utilizzarlo come dissetante, allungato con l’acqua, per la pulizia del corpo e delle ferite. Veniva anche usato per condire il “moretum”, una pietanza tipica consumata prima delle battaglie, a base di aglio, cipolla, ruta, formaggio di capra e coriandolo, condita con olio e aceto.

Ma anche chi viveva in città lo gustava come bevanda mista ad acqua che era denominata “posca”.

Si diceva che la posca dava forza, il vino ebbrezza (Posca fortem, vinum ebrium facit).

Nei banchetti fastosi della Roma imperiale era molto apprezzato e infatti non mancava mai vicino ad ogni "commensalis", una ciotolina piena di aceto detta “acetabolo” dove ognuno intingeva dei pezzetti di pane per cambiare gusto da una pietanza all'altra favorendo, nel contempo, la digestione.

A base di aceto erano quasi tutte le ricette di Apicio, grande gastronomo epicureo del I secolo d.C. mentre Columella ha lasciato alcune ricette per ottenere l'aceto nelle quali è previsto l'impiego di lievito acido per favorire la fermentazione, nonché l'immersione nel vino di sbarre incandescenti e pigne di abeti ardenti capaci di purificarlo e liberarlo dai cattivi odori. I Romani avevano vari tipi di salse d'aceto, dalla più semplice fino al famoso garum, un infuocato miscuglio di elementi che l'aceto s'incaricava di amalgamare. Aceto si utilizzava anche per condire le acetarie, insalate miste di carne e verdure o solo verdure che venivano servite come intervallo tra una serie di portate e l'altra.

Per Plinio il Vecchio, che nella sua Naturalis Historia lo consiglia per i malanni più disparati, l'aceto aggiunge gusto e piacere alla vita.

Nel Medioevo l'arte di preparare l'aceto si affina e compare “l'agresto”, un aceto preparato a partire dall'uva ancora acerba che, con il proprio sapore fresco e acidulo, rimedia al grasso eccessivo dei condimenti. In questo periodo viene utilizzato come importante componente di numerose ricette, ed il suo largo uso fece sì che la produzione non rimanesse esclusivamente appannaggio delle singole famiglie. Nacquero così le prime “Corporazioni dei fabbricanti di aceto”, i cui appartenenti dovevano giurare di non divulgare i segreti inerenti la produzione pena l'espulsione.

Tra le più famose sicuramente la Corporazione di Orléans, nata nel 1394 grazie anche ai vini locali, leggeri, fruttati e poco acidi che si prestavano come pochi alla trasformazione in aceto.

Ancora una volta l’aceto riveste un ruolo fondamentale nella prevenzione e cura delle malattie e nel medioevo vasto fu il suo impiego come disinfettante durante le epidemie quali la peste nera che nel trecento attraversa tutta l'Europa uccidendo un individuo su tre. Gli abitanti di Marsiglia ad esempio si difendono dall'aria che "genera febbri" tenendo in mano una spugna imbevuta d'aceto che viene inalata di continuo e, da parte dei medici, "attaccata al naso" senza respirare mai con la bocca e senza inghiottire saliva. Ai dottori si accompagna un infermiere che porta un catino d'aceto dove il medico ripetutamente immerge le mani prima di tastare il malato. Poi, quando la peste rallenta, si lavano con aceto i muri delle case che l'hanno ospitata.

Nell’ottocento veniva usato nell’alimentazione, nella cura di alcune malattie, per rinvenire da perdite dei sensi, per detergere oggetti contaminati e purificare l’aria. Era anche utilizzato per contrastare il colera, malattia infettiva antichissima, con un effetto disinfettante sui vibrioni del colera oltre che su altri germi patogeni intestinali. Infatti a contatto con l'aceto i vibrioni che si trovano sulla superficie di frutta e verdure, vengono distrutti in un tempo che va da trenta secondi a uno, due minuti.

Nell’età moderna si compresero i meccanismi della formazione dell’aceto grazie agli studi di Pasteur e Lavoisier. Vennero spiegati ed analizzati i meccanismi biologici e chimici che rendono possibile la fermentazione del vino ed in seguito la formazione dell’aceto.

Con queste nuove conoscenze la produzione casalinga evolve al grado di industria autonoma, con notevole sviluppo particolarmente in Francia, in Germania ed in Italia, dove già nel 1886 erano in attività ben 66 aziende con produzione annua complessiva di oltre 100.000 ettolitri di aceto.

Libro di Roger A. Morse sull’ Idromele


Vi voglio segnalare un libro che ho recentemente letto sull’ Idromele edito dalla FAI Federazione Apicoltori Italiani

http://www.apitalia.net/it/letture_scheda.php?id=121

E’ un testo ormai datato infatti è del 1980, e quindi anche le sue informazioni non sono ovviamente recentissime ma in un panorama dove la letteratura su questi argomenti è decisamente scarsa è sicuramente un testo didattico interessante.

Sono in tutto un centinaio di pagine divise in brevi capitoli, il miele, i lieviti, l’attrezzatura, le ricette, la fermentazione e l’invecchiamento, imbottigliamento, difetti, analisi e giudizio del prodotto e un breve capitolo sull’idromele spumantizzato particolarmente interessante.

Nella sua piacevole lettura ho trovato nozioni storiche interessanti ma anche informazioni tecniche e spunti per realizzare nuove ricette. Bisogna comunque considerare che si tratta di un testo che è di quasi 30 anni fà e quindi non considera le innovazioni che si trovano oggi, ad esempio, nel campo dei lieviti come anche nella divulgazione delle proprie esperienze amatoriali attraverso internet e forme di comunicazione come i blog.

In ogni caso dal mio punto di vista lo reputo un ottimo testo formativo e utile per accrescere la propria conoscenza sul mondo del Vino di Miele. Dato il suo costo contenuto ( 13,00 € spese di spedizione comprese ) lo consiglio a tutti voi.

giovedì 29 ottobre 2009

Degustazione Nivula N°1

Bene dopo un mese circa di maturazione provo finalmente la mia prima produzione AG.

Devo premettere che per il priming ho deciso una dose di 5 grammi di zucchero raffinato per litro di birra basandomi sul conteggio che prevede una carbonazione intorno ai 2 – 2,1 volumi di CO2 per litro di birra.

Le bottiglie sono state a maturare 15 gg. a temperatura di 24° C e poi altre tre settimane in cantina a 16°C circa.

Oggi ho deciso di fare la prima degustazione utilizzando la bottiglia campione provvista di manometro per il controllo della pressione il quale da giorni era ormai fisso sui 2,2 bar.

Quindi all'apertura dopo averla versata nel bicchiere la birra si è presentata così :

Schiuma bianca, abbastanza grossolana e non molto persistente.

Colore giallo dorato con una torbidità non eccessiva (sicuramente dovuta alla segale).

All'olfatto non si percepisce nessuna nota sulfurea, e risulta essere una birra con poca intensità e di breve persistenza.

Ovviamente domina il sentore di malto e la luppolatura e appena accennata.

Non ho percepito, fortunatamente, puzzette e infezioni.

All'assaggio il malto e l’amaro erano per i miei gusti abbastanza bilanciati e si sente anche una leggera punta di acidità sempre dovuta alla segale.

Nel complesso una birra esile e beverina, ma effettivamente era quello che cercavo.
La reputo una birra sufficiente ma ancora senza una sua “personalità” direi che è buona ma anonima.

Sono già in fase di definizione della sua seconda versione, dove intendo aumentare la percentuale di segale e la quantità di luppolo da aroma ( l’amaro per i miei gusti era già a posto ). Prevedo anche una piccola dose di carapils per dare più corpo e qualche variante sui tempi di proteolisi sempre per sostenere meglio la schiuma.

Ah… dimenticavo questa volta il grano lo macino veramente…..

Prosit.















venerdì 16 ottobre 2009

Idromele 2009 secondo travaso

Ciao a tutti, un breve aggiornamento al secondo travaso di questo idromele.

Come illustrato nelle foto il liquido ora è decisamente limpido e sul fondo resta un deposito di pochi millimetri di spessore.


Color ambrato nella dama alla degustazione si presenta con un giallo carico.

Il profumo è delicato con note aromatiche fruttate, il miele ora ha un sentore più sfumato anche se sempre presente. Al gusto il dolce non è più invadente come al primo assaggio ma resta più equilibrato controbilanciato dalla parte agrumata che prevale sul finale della degustazione.

Nel suo insieme mi sembra un risultato soddisfacente dove anche il corpo alcoolico fa la sua parte con un teorico 8,8 % in volume con una FG che resta, al momento, quella della precedente lettura ( 1.074 )

Ora si tratta di avere molta pazienza e lasciarlo riposare ancora per un tre – quattro mesi.

Visto il suo aspetto già decisamente limpido aspetterò le vacanze natalizie per fare un nuovo travaso.

Alla prossima… Ciao
























mercoledì 30 settembre 2009

Prima All Grain il resoconto della cotta


La birra che ho fatto, o meglio tentato di fare, si chiama Nivula che nel dialetto piemontese significa “ Nuvola “ ovvero una birra leggera e beverina, si spera….

La ricetta finale con i parametri della cotta sono i seguenti

Acqua Mash 18 Lt.

(Acqua S. Anna con aggiunta di 2,8 gr di Gypsum per aumento Ca da 11 ppm a circa 50 ppm )

Acqua Sparge 22,8 Lt.

(Acqua S. Anna con aggiunta di 2 cc. Di acido lattico per passaggio pH da 7,1 a 5,4)

Malti

Malto PILSNER 4.000 gr.

Malto SEGALE 2.000 gr.

Mashing

Mash – In 44°

Dough - In 42 per 10 minuti

Proteolisi 52° per 20 minuti

Sacc. Beta amilasi 62° per 20 minuti – Ph 5,5

Sacc. Alfa amilasi 72° per 35 minuti

Mash-out 78° per 5 minuti

Totale Mash 90 minuti .

Luppolo / aromi

Hallertauer Tradition 30 gr. 3,7% 60 min.

Saaz Czech 16 gr. 2,7% 60 min.

Saaz Czech 20 gr. 2,7% 15 min.

Tettnanger Tettnang 12 gr. 4,4% 10 min.

OG Stimata = 1,053

Esito finale della cotta :

Litri in bollitura = 29 Lt. – Litri finali = 19 Lt.

OG Pre Boil = 1,034 – OG end of boil = 1,045 – IBU= 27 - EBC = 8

Come è andata la cotta !

Bhè per essere la prima, che di fatto è servita anche come collaudo dell' impianto, devo ammettere che è andata ancora bene. Non ci sono stati particolari problemi tecnici sulla attrezzatura, quindi agitatore, pompa, pentoloni, termometri, valvole di scarico, serbatoio polmone, piastra di raffreddamento, hanno fatto tutti il loro lavoro come previsto. La gestione complessiva dell’impianto con tutte le fasi controllate manualmente è stata piuttosto impegnativa, ma per me era anche la prima volta e quindi tante cose non erano ancora così istintive e ormai di routine. Quindi mi serve ancora parecchio esercizio.

Dopo questa premessa, e una doverosa riflessione su come è andato tutto il lavoro, credo che i punti critici e quindi da migliorare siano i seguenti :

Macinatura :

Pensi e studi di tutto e di più poi parti dall’ inizio del lavoro e ti accorgi che non hai approfondito un bel nulla su questo particolare : Quale è la finitura di macinatura migliore ? Ho fatto un po’ di prove e poi visto che il tempo passava ho deciso di non rischiare da subito con un blocco della filtrazione e quindi ho preferito stare sul “ macinato grosso “

Questo è il risultato per il malto pils per il malto di segale più duro la macinatura era ancora più grossolana.

Credo quindi di avere esagerato, è vero ho filtrato tutto senza problemi ma l’efficienza finale è stata scarsissima 48% con un OG preboil di 1,032 .Ovviamente considero questo errore come importante insegnamento ed esperienza per il futuro.

Sparging :

All’ultimo minuto avevo trovato un diffusore d’acqua per il giardinaggio che permette di ottenere una pioggia tipo innaffiatoio. Ho pensato quindi di sfruttarlo collegato alla pompa di travaso ottenendo questo risultato durante la fase di sparging :

Tutto sommato il risultato non mi è sembrato malvagio ma ho dovuto fare un pò troppi scambi manuali con i tubi crystal per gestire con la pompa in modo contemporaneo sia il travaso dal serbatoio polmone alla pentola di bollitura che il prelievo di acqua per alimentare lo sparge.

Quindi devo trovare a breve come realizzare, con gli adeguati raccordi, un doppio circuito per utilizzare al meglio la pompa.

Whirpool a fine bollitura :

Ecco un breve video …..

Come si è potuto notare non è un vortice esagerato ma in ogni caso il flusso tende a esserci.

I sacchetti di luppolo forse creano resistenza e hanno per un paio di volte interferito con la bocca di aspirazione ostruendo il passaggio del mosto.

Prevedo nella prossima cotta di toglierli prima di avviare la pompa in modo da valutare se c’è una differenza sostanziale. Successivamente valuterò se aumentare la sezione dei due raccordi della pentola per incrementare la portata di mosto in ricircolo.

Al momento il mosto è in fermentazione a circa 17°C18°C con una OG per ora di 1,013

Devo ammettere che il profumo e il gusto sono decisamente buoni e gli aromi di malto e luppolatura si fanno già sentire in modo distinto. A breve vi aggiornerò sull' ultimo controllo con relativo priming e imbottigliamento.

sabato 19 settembre 2009

Idromele 2009 Primo travaso


E' arrivato il momento per effettuare il primo travaso di questo nuovo idromele.

Sul fondo si presenta un bello strato di residui di lievito




Il colore è un giallo paglierino ancora torbido


Profumo delicato e fruttato dal gusto ancora decisamente di miele dolce ma con un corpo già leggermente alcoolico.
La densità attuale è di 1.074
Adesso lo lascio riposare al buio e fra un mese circa effettuerò il secondo travaso.

Prima All Grain ricetta base e starter lievito

Allora si parte..... questa è la mia prima cotta all grain
con la quale sperimenterò in produzione il mio impianto per la birra AG presentato nel post precedente.
Per la mia prima AG ho deciso di provare a " clonare " ( per modo di dire ) una delle prime birre artigianali che ho avuto il piacere di bere ovvero la Talco del birrificio Beba di Pinerolo.
In realtà dopo aver curiosato in rete mi sono elaborato io una ricetta che come composizione è relativamente semplice così non metto subito in gioco troppe variabili visto che sono al mio primo tentativo di AG.

La ricetta base è la seguente :

Malto pils 4.000 gr.
Malto di segale 2.000 gr.

Luppolo Hallertauer Tradition e Saaz per amaro
Luppolo Saaz e Tettnager per aroma
Lievito German Ale 1007 Wyeast

Ovviamente a birra fatta aggiornerò tutta la ricetta con i dati definitivi.

Ora passiamo allo starter del lievito :

Il lievito Wyeast è un lievito liquido che necessita di essere attivato in anticipo mediante la rottura del sacchetto interno che contiene del nutriente. Successivamente occorre attendere alcuni giorni affinchè il lievito si sia moltiplicato fino al massimo numero di cellule consentito appunto dal nutriente propagato nel sacchetto. L'aspetto della mia busta dopo 2 giorni è questo :


Quindi il rigonfiamento è " da manuale "
Già con i Kit e con E+G usavo i lieviti liquidi e fin da subito ho comunque preferito fare un ulteriore starter per essere sicuro di avere sempre delle belle fermentazioni garantite da qualche bilionata di cellule di lievito super attive.
Ora per lo starter io preparo un litro di mosto con 1.000 ml di acqua oligominerale e 100 gr. di estratto di malto light che faccio bollire per circa 15 min. ( OG misurata 1044 )



Una volta raffreddato aggiungo il lievito dopo aver sanitizzato la busta prima di aprirla.



In ultimo vado a ossigenare con ossigeno puro per alimenti per circa 15 secondi e poi aspetto....


Lievito in fermentazione a + 10 ore da inoculo

Cerco di calcolare questi passaggi in modo da arrivare in tempo per il giorno prima della cotta ad inoculare il lievito nel mosto dello starter. Così facendo questo fermenta ancora per circa 24 ore in modo da ottenere il lievito con cellule al massimo della loro attività.
Con questo concludo la prima parte della descrizione di questa prima AG.
Ciao e alla prossima.

lunedì 7 settembre 2009

Idromele 2009 La Fermentazione in evoluzione

Ciao a tutti come promesso vi aggiorno sulle evoluzioni della fermentazione del mio idromele che a una temperatura media di 26° C ha fermentato con questa sequenza :

Partenza al giorno + 3 dopo l'inoculo

Dunque un anello di schiuma centrale e una discreta formazione di microbolle che dal fondo salgono in superficie a incrementare lo stesso. Direi una buona partenza.

Partenza al giorno + 5 dopo l'inoculo


Due centrimetri abbondanti di schiuma su tutta la superficie e abbondante attività di microbolle in emersione. Credo che la fermentazione è a questo punto attiva nella sua massima fase.

Partenza al giorno + 7 dopo l'inoculo


Resta una fase attiva di microbolle ma con entità decisamente modesta rispetto ai giorni precedenti. Purtroppo nella foto non sono riuscito a renederle evidenti ma l' aspetto torbido è dato da questa micro agitazione che tiene in sospensione il lievito e i residui della fermentazione.

Partenza al giorno + 14 dopo l'inoculo


Partenza al giorno + 14 dopo l'inoculo
Residuo sul fondo



La fase di microbolle " tumultuosa " è terminata e sul fondo un paio di cm di lievito e residui di fermentazione sono ormai depositati. Adesso incomincia la fase di maturazione finale.
Fra 15 giorni circa farò il primo travaso con il controllo di densità e ph e ovviamente un primo " assaggino ".
Vi farò sapere come è andata.